Dev’essere un vizio, il suo, quello di continuare a fare sold-out; infatti dopo il tutto esaurito nella tappa milanese di ottobre e torinese di venerdì scorso The Tallest man on Earth non ha risparmiato neanche il Quirinetta di Roma. Successo forse scontato, ma sicuramente non immeritato per colui che è considerato l’erede di Bob Dylan.
Alle 21:30 sale sul palco Markus Svensson, in arte Tarantula Waltz, anch’esso cantautore svedese, che porta, armato d’acustica, cinque suoi brani a cui vengono dedicati da parte del pubblico un brusio non meritato, ma d’obbligo per ogni gruppo d’apertura.
Sono le 22:10, le luci si spengono ed è finalmente il momento dell’artista che stavamo tutti aspettando, The Tallest Man on Earth o semplicemente Kristian Matsson, seguito da Mike Noyce, chitarra e violino, Ryan Matthew al basso, Zach Hanson alla batteria con un set a doppia cassa e per finire Ben Lester alle tastiere e sintetizzatore. Si inizia con Wind and Walls, per poi continuare con 1904 e Fields Of Our Home alla fine dei quali esclama in inglese “Grazie per essere qui di sabato sera. Per noi ogni sera è sabato sera” e poi in italiano con un bellissimo “Grazie Roma”.
Kristian appare subito pieno di energie, si muove per il palco e non rimane mai fermo, al contrario del suo gruppo che sembra inchiodato alle proprie posizioni, oscurato dall’ombra dell’uomo più alto del mondo. Ma la verità è che il concerto deve essere un one man show, in modo che la personalità del cantautore svedese si possa esprimere senza limiti come vediamo in diverse canzoni che non vengono accompagnate, lasciando spazio alla sola acustica, anzi alle sole, visto che avrà cambiato una decina di chitarre durante tutto il concerto.
Il pubblico è estasiato e si lascia trasportare subito dalle sue movenze, parte presto un battito uniforme di mani che accompagna l’artista, che però chiederà silenzio e lo farà spesso durante le quasi due ore di concerto. Su I won’t be found sbaglia un attacco, ma sfodera un sorriso ed è già perdonato, con le urla del pubblico a sostenerlo.
Encore finale con una The Dreamer leggermente più pop rispetto a quella cui siamo abituati e una Like the Wheel semplicemente stupenda, con Matsson al centro e la band a destra disposta a coro con due microfoni.
A 32 anni e dopo quattro anni si mostra pronto alla consacrazione definitiva come artista, capace di creare grande armonia tra gli strumenti e il pubblico. Chapeu.
Scaletta
Wind and Walls 1904 Fields Of Our Home Slow Dance The Wild Hunt Darkness Of The Dream Love Is All I Won’t Be Found The Gardener Sagres Revelations Blues Timothy Thousand Ways Little Nowhere Towns It Will Follow The Rain Where Do My Bluebirds Fly Seventeen King Of Spain Dark Bird Is Home The Dreamer Like The Wheel
No comments