Sono appena venuta a sapere che i fratelli Wachowski sono ora le sorelle Wachowski e ne sono estremamente felice. Lo sono sebbene il coming out da transessuale di Lilly sia stato obbligato dal tentativo di qualche pseudogiornalista pseudoumano di compiere un outing per conto della regista; lo sono sebbene ci sia ancora tantissimo lavoro da fare per assicurare alle persone transgender il rispetto che meritano, per dare loro il tempo di esporsi senza essere dati in pasto ai curiosi e soprattutto per rivolgersi a loro nel modo più corretto possibile. Perché sì, siamo nel 2016 eppure ancora troppe persone non sanno se usare il maschile o il femminile, il nome “vecchio” o “nuovo”, e non parlo soltanto di approcci nel quotidiano, ma anche pubblici.
Questo è un appello che rivolgo alla casa editrice McGraw-Hill Education. Il manuale da loro pubblicato Storia del cinema: un’introduzione (di Kristin Thompson e David Bordwell) – la cui ultima edizione italiana, quella in mio possesso, risale al 2014 – parla della coppia di registe come di “Andy e Larry Wachowski” (p. 430, capitolo 19, paragrafo 2; p. 438, capitolo 19, paragrafo 4; p. 447, capitolo 19, paragrafo 5; p. 468, capitolo 20, paragrafo 8; p. 543, appendice, paragrafo 7; p. 559, indice dei nomi), pur essendo la transizione di Lana cominciata già nel 2003. Non ci troviamo di fronte a un semplice errore editoriale isolato, alla stregua di un risultato errato su un testo liceale di matematica, ma a un sistematico errore sociale e culturale, che spinge molti a considerare di un individuo il sesso biologico e/o di nascita e non quello in cui l’altro si riconosce. Non è così che dovrebbe essere.
Alla base del rispetto per l’altro c’è il dovere da parte nostra di scegliere parole che possano mettere a proprio agio chi ci ascolta e che possano inoltre permettergli di identificarsi nel mittente prescelto del nostro discorso. Io, donna cisgender, non mi sentirei coinvolta e rispettata se qualcuno si rivolgesse sistematicamente a me al maschile, perché sebbene l’approccio – in una società egualitaria – non dovrebbe variare a seconda che il nostro interlocutore sia uomo o donna, ognuno di noi ha innegabilmente un rapporto intimo e stretto con la propria identità sessuale, col proprio corpo e desidera per questo di essere percepito dagli altri allo stesso modo in cui percepisce se stesso; a maggior ragione, una persona transgender avrebbe motivo di essere ferita dalla scelta di qualcuno di non riconoscere l’identità sessuale con tanta fatica ricercata e individuata dopo un lungo percorso di accettazione e/o di transizione.
Quello che oggi tutti noi dobbiamo a Lana e Lilly Wachowski è semplicemente questo riconoscimento: sappiamo chi sono e non possiamo chiudere gli occhi di fronte ai loro corpi, certo, ma soprattutto alla loro volontà e ai loro sentimenti. Chiediamo dunque alla McGraw-Hill Education di modificare i nomi delle sorelle registe nella prossima edizione italiana del manuale Storia del cinema: un’introduzione (di Kristin Thompson e David Bordwell) e facciamo a tutti una semplice richiesta: da oggi in poi, non chiamatele Larry e Andy. Sono Lana e Lilly. Da sempre.
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