Giacomo Bevilacqua e la Bao ci portano a New York. Terra Satis è il luogo perfetto per avere silenzio, pace e un cappuccino caldo. Per ascoltare il suono del mondo mentre vi racconto di una graphic novel che mi ha lasciata di stucco. È la seconda volta che poche linee vicine mi attraggono al punto da fermarmi a leggere e dire: “Secondo me è bello questo”. Lo capisci dai disegni, forse, dai colori, magari da pagine mute che ti obbligano a lavorare di fantasia e a costruire una storia secondo la tua esperienza, il tuo vissuto.
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Il suono del mondo a memoria è così. È la storia di Sam, sordo oramai alla voglia di vivere e di rischiare che si rintana nella sua seconda casa, nella sua safe zone. New York, il centro nevralgico in cui si scontrano gomitate e persone, vite e relazioni, dove tutto inizia e finisce senza che tu sia pronto e possa rendertene conto. Sam è li per una prova, una sfida con se stesso da superare che si trasforma in una caccia al dettaglio e alle motivazioni che spingono la città a regalargli piccole delizie quotidiane. Il tutto sulle note jazz di Chet Baker che suona I’ve grown accustomed to her face in continuazione nelle cuffie e nella testa di Sam.
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Giacomo Bevilacqua proprio nell’anno appena finito passa da un Panda ansioso (A Panda piace) a un giovane uomo – altrettanto ansioso – che ha paura di dimenticare, paura di vivere di nuovo e di passare avanti.
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La profondità e l’intimità di questa graphic novel sono paradossali. Tutto superficiale e rapido, tutto veloce e sfuggente. Ti rimepie di parole, di pensieri e di immagini a tal punto che non sai più cosa fare: leggo o guardo, guardo o leggo? Come quando si sta al passo con una serie tv e si leggono i sottotitoli cercando di non perdersi tra tutte quelle parole. È paradossale perfino il silenzio che cerca Sam, totalmente assente in questo percorso. Quella solitudine che grida chiasso e rumore e suoni. Le cuffie che vibrano, il suo flusso di peniseri che riempie irrimediabilmente quasi ogni pagina, ogni striscia de Il suono del mondo a memoria.
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In questo modo un po’ caotico Bevilacqua ci lascia la possibilità di perdere il controllo e di farci trascinare dal cambiamento repentino delle emozioni, dalle abitudini bruscamente interrotte, dalla paura di non ricordare chi amiamo. L’andare avanti non è mai un errore, l’andare avanti ti salva la vita, è quella la via di fuga, non la fuga in se. Solo che a leggerlo lo sappiamo fare tutti, a metterlo in pratica forse un po’ meno.
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Bevilacqua e Sam ci dicono questo, ci dicono di affrontare le cose perché New York, così come il tempo e la vita composta da un misto di destino e casualità, sanno sempre ripagare. Alla fine, dunque, vi troverete davanti una graphic novel un po’ chiassosa ma di un impatto grafico che compensa senza dubbio. E tanto, tanto su cui riflettere e che come molti ignorerete, prenotando il primo volo per la vostra safe zone.
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