Turner: opere della Tate al Chiostro del Bramante (Roma) dal 22 marzo © partedeldiscorso.it / Ylenia Del Giudice
Questo non è un articolo sulla vita dell’autore, non è un articolo biografico. Non è nemmeno un estratto dell’Argan. È, spero, un invito a tutti i lettori che hanno intenzione di spendere un’ora del loro tempo lasciandosi invadere dalla violenta ondata emotiva che travolge ogni visitatore del Chiostro del Bramante, a Roma. A partire dal 22 marzo il Chiostro presenta Turner: opere della Tate.
L’ambientazione è nota a molti: il Chiostro del Bramante è sempre un luogo magico dove sembrano convergere molte vite. Come fosse il deposito periferico di questa città, Museo del Mondo. Nonostante ciò, mai svenduto, mai disprezzato, sempre di nicchia e curato nei minimi dettagli, il percorso che affronta il fruitore inizia già dall’esterno, quando si affaccia in Piazza Navona, quando si addentra nei vicoli e si perde.
Turner: opere della Tate al Chiostro del Bramante (Roma) dal 22 marzo © partedeldiscorso.it / Ylenia Del Giudice
Dinanzi a questo piccolo gioiello realizzato dal celebre maestro e architetto Donato Bramante intorno al 1.500 non è facile riuscire a contenere il telefono in tasca o la macchina fotografica al collo. Vi invito a provarci, ma solo per godere appieno di questa ora.
Turner: opere della Tate è realizzata grazie all’intervento stesso della celebre galleria londinese che ha diretto i lavori di esposizione. Niente è lasciato al caso, e quando dico niente intendo che perfino l’illuminazione è stata resa unica per questo evento.
Le opere esposte sono realizzate per «proprio diletto» (cit. John Ruskin), tenute in studio, qualcuna non finita ed esposta comunque ai suoi gruppi di amici e conoscenti. Turner Bequest, questo è il nome del gruppo composto da più di 90 opere.
C’è qualcosa però che forse è fondamentale sapere. Turner influenzerà molti suoi colleghi. Invitò a non sottovalutare le emozioni, a lasciar che fosse il colore a crear la via, non il soggetto. Se perciò guardando una sua opera vi ritornassero in mente Monet (attualmente in esposizione al Complesso del Vittoriano), Turrel, Rothko e lo stesso Van Gogh, sappiate che più artisti si rivolsero a lui, al suo tratto, traendone dunque ispirazione.
Turner: opere della Tate al Chiostro del Bramante (Roma) dal 22 marzo © partedeldiscorso.it / Ylenia Del Giudice
La mostra è divisa in sei sezioni, connesse fra loro da una linea temporale che avanza e che permette al fruitore di comprendere al meglio lo sviluppo e i viaggi e le passioni che spinsero Turner a compiere determinate scelte. Viaggiò per tutta Europa e più volte si fermò in Italia, a Roma e a Venezia.
Le sei sezioni sono sviluppate con un gradevolissimo color pastello di tonalità differenti per ogni stanza, ognuno adeguato al tipo di carta, al tipo di acquerello e al tipo di soggetto. Nonostante sia evidente la presenza di pannelli introduttivi all’autore e alle opere, non c’è invadenza. Diventano dunque un valore aggiunto che può essere ricercato con gli occhi da qualsiasi angolazione. Seppur abituati all’olio su tela, a volte nitido e definito, a volte lasciato in rilievo e puntinato, l’occhio non ha difficoltà a ritrovare il soggetto negli acquerelli di Turner. Vuoi la didascalia che accompagna l’opera, vuoi l’audioguida, sembra quasi di ritrovarsi davanti a opere già viste e conosciute, magari in una seconda vita. Un richiamo a quell’io interiore, a quell’inconscio e a quei meccanismi della mente che, ora come ora, non sono in grado di spiegare.
Turner: opere della Tate al Chiostro del Bramante (Roma) dal 22 marzo © partedeldiscorso.it / Ylenia Del Giudice
Per i più sembreranno “schizzi tutti uguali”, senza senso, un po’ alla rinfusa. Ma basta un attimo di attenzione per accorgersi che dietro a quel semplice bianco sporco di una montagna c’è un infinito: ci si accorge, osservando da vicino, di come la carta si sia rappresa al passaggio del pennello intriso di colore e acqua, ci si accorge del tratto di matita, di quella sfumatura che trasforma un’alba in un tramonto. La capacità e la bravura di Turner sono proprio queste. Rendere possible l’impossibile utilizzando qualcosa di pratico, veloce e leggero come gli acquerelli.
Potrei tecnicamente proseguire con la stesura di un saggio a cura di una appassionata ma inesperta – ahimè, la laurea in Storia dell’Arte non è andata a buon fine – ma credo fermamente che sia impossibile descrivere una sua opera, una qualunque, senza finire per renderla un mero dipinto. Ogni sfumatura è emozione, è infinito. E chi sono io per sminuire e rendere sterile il lavoro di un artista?
Non mi resta altro che suggerirvi, come detto all’inizio, di farvi una passeggiata per il centro di Roma, di avventurarvi verso quelle vie incantevoli e un po’ nascoste ed entrare in questo piccolo Chiostro del Bramante per godervi, in silenzio, il rumore delle onde, la solitudine di un’alba che nasce sulle rive del mare, quel paradosso su carta dove la grandezza della natura è in grado di rendere infinitamente piccolo l’uomo.
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