Il cast di Sense8, la serie Netflix diretta da Lana e Lilly Wachowski
Sense8 è una delle serie originali Netflix che più ha fatto discutere. Racconta la storia di otto ragazzi tra di loro sconosciuti, che provengono da diverse parti del mondo e che però… sono collegati tra di loro. Sono nati tutti lo stesso giorno e hanno un legame che è più forte di qualsiasi altro. Ciò che sin da subito ha attirato la mia attenzione, però, non è stata la trama, ma la varietà del cast e delle tematiche trattate.
La serie, ideata e diretta da Lana e Lilly Wachowski, non si limita soltanto a trattare tematiche come diversità culturale, povertà, crimine organizzato. Parla, con tutta la sensibilità possibile e tutta la naturalezza del mondo, anche della realtà LGBT in tutte le sue sfumature.
Sense8 è composto da due stagioni e due episodi speciali. In realtà, le sorelle Wachowski avevano materiale per svilupparne almeno cinque, ma gli eccessivi costi della serie hanno spinto Netflix a non rinnovarla oltre una seconda stagione. È stato solo grazie alla mobilitazione dei fan di tutto il mondo che si è poi deciso di dare una conclusione alla narrazione, con un ultimo episodio speciale uscito l’8 giugno 2018.
This is for you. The Sense8 Finale now streaming worldwide. 🌎 pic.twitter.com/ZUUBVeJNeo
— Sense8 (@sense8) June 8, 2018
I protagonisti membri di questo cluster sono: Lito Rodriguez, un attore gay sudamericano; Nomi Marks, un’attivista e blogger trans e lesbica; Riley Blue, una DJ islandese; Wolfgang Bogdanow, un ladro di professione tedesco; Sun Bak, amministratrice aziendale sudcoreana (e anche campionessa di boxe); Capheus, un autista di autobus kenyano; Will Gorski, un poliziotto di Chicago; Kala Danekar, una farmacista indu profondamente religiosa.
Non vorrei andare oltre a parlare della serie in sé (anche perché finirei per fare spoiler). Vorrei piuttosto analizzare il messaggio che passa da ogni puntata e che è palese anche dal titolo dell’ultimo episodio della serie: amor vincit omnia.
L’amore in questa serie vince sopra ogni cosa: vince le difficoltà, vince le distanze, vince le differenze. È un amore puro, vero; è un amore fraterno. Guardando questa serie, non posso fare a meno di chiedermi: ma se scoprissi un giorno di avere un rapporto del genere con altre sette persone sparse nel mondo, cosa farei? Cosa farei io se fossi al posto loro? E me lo chiedo non solo perché mi piacerebbe avere la forza di otto persone concentrate in una, ma perché al giorno d’oggi abbiamo perso la fiducia negli altri. Per i sense8 il fatto di avere queste persone intorno e nella loro testa non si pone come un problema: loro ci sono sempre l’uno per l’altro.
Together untill the end: il poster annuncia l’ultimo episodio di Sense8, la serie Netflix diretta da Lana e Lilly Wachowski
“Together untill the end”, recita un poster promozionale. Ed è proprio così. Se non fosse stato per il caloroso affetto dei fan, per l’acclamazione che questa serie ha avuto in tutto il mondo, probabilmente non avremmo nemmeno avuto una conclusione.
I riferimenti al Pride, i discorsi politici non mancano. Mi sono commossa quando, nella prima stagione, Nomi ricorda ad Amanita (la sua compagna, interpretata da Freema Agyeman) quando si sono conosciute, il loro primo Pride insieme, l’inizio della loro storia d’amore. Sempre nella prima stagione, un’altra sequenza che ho amato – e che tutt’oggi mi commuove ancora – è quella in cui tutti i protagonisti cantano insieme Whats Up dei 4NonBlondes.
Credo che Sense8 non sia semplicemente una serie, ma qualcosa di più profondo e di universale. Parla di diversità non in maniera esclusiva, ma inclusiva. Le diversità uniscono, la cerchia dei sens8 è così forte proprio perché molto diversa. Perché l’unione fa la forza, ma sono le differenze che ci rafforzano.
In un periodo storico in cui si è sempre molto divisi, si ha paura del diverso, dell’Altro perché straniero, per la sua sessualità o perché povero, sarebbe bene ricordare ogni tanto che le persone sono diverse dai nostri stereotipi. Esistono serie TV come questa che, per quanto possano apparentemente essere destinate solo allo svago, diffondo in realtà con estrema immediatezza messaggi fondamentali.
Mi piacerebbe quindi concludere con uno dei monologhi più potenti e belli di tutta la serie:
È Nomi che parla, proprio prima di manifestare al Pride.
Il mese di giugno si sta concludendo e con esso anche i principali Pride. Spero siate scesi in piazza a portare alta la bandiera dell’uguaglianza, perché in tempi come questi, ne abbiamo davvero bisogno.
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