In foto, manifestanti durante il Roma Pride 2018 © partedeldiscorso.it / Lucia Liberti
No, non è una novità vedere l’ennesimo catto-fascista andare benissimo nei sondaggi, vincere le elezioni e fare discorsi che girano intorno al trinomio “Dio, patria e famiglia”. Qui, nella cerchia di giovani attenti e consapevoli senza rappresentazione politica e senza visibilità nei media mainstream, sarebbe anche stupido elencare le idiozie che i complottisti dell’ultima ora sparano durante le loro uscite. Eppure, nonostante sia pieno di divulgatori e attivisti seri e competenti, sembra che parlare di studi di genere non sia mai abbastanza, poiché la narrazione d’odio intorno a questi temi è sempre più rumorosa.
All’inizio degli anni Duemila la chiamavano ideologia di genere; dieci anni dopo l’abbiamo sostituita con “il gender” e sembrava che fossimo a un passo dall’apocalisse perché i gay e le femministe cercavano di venire incontro alle generazioni più giovani fornendo loro strumenti per un rapporto sano con la loro sessualità e con la loro identità basato anche sulla consapevolezza del peso di un ruolo di genere e del perché si può andare oltre gli stereotipi.
Abbiamo bisogno di raccontare ai nostri figli che la mascolinità e la femminilità non esistono perché non arrivino a sentirsi soffocati da ruoli di genere o da aspettative irreali che il mondo nutre nei loro confronti.
Femminismo e comunità LGBTQA+ sono mondi verso i quali la nostra società, nonostante i tempi, si avvicina sempre di più; e chi sono i primi che avvertono il cambiamento di rotta verso un universo più aperto e ne subiscono le influenze? I più piccoli. Abbiamo bisogno di raccontare ai nostri figli che la mascolinità e la femminilità non esistono perché non arrivino a sentirsi soffocati da ruoli di genere o da aspettative irreali che il mondo nutre nei loro confronti, perché non si ritrovino a mettere in scena un gioco delle parti che non serve a nessuno e che troppo spesso sfocia in dinamiche violente.
Le bambine come unica occupazione devono avere quella di essere carine e occuparsi dei bambolotti, in attesa che sviluppino un fantomatico istinto materno che non esiste. I maschietti devono sfogare una forza repressa in giochi di guerra e umiliazioni perché altrimenti, se non subisci e non fai subire, non sei un vero uomo. Alle donne piacciono gli uomini, anzi, ci siamo inventati che donne e uomini hanno bisogno gli uni degli altri, perché le prime hanno la dolcezza, i secondi la forza. Il resto non esiste.
Immaginatevi la confusione di chi, cresciuto in una griglia simile, sente parole come “ruolo di genere”, “non-binario”, “disforia”, “queer“, “agender“, “identità di genere”. Niente panico: testi divulgativi ed esperti esistono proprio per dipanare quei dubbi che, se alimentati e intercettati da una cattiva politica oggi di stampo cattolico e di destra, creano caos e violenza.
Violenza contro donne e queer, questo uno dei macro-temi ai quali Jair Bolsonaro si ispira nel suo discorso di insediamento il 1 gennaio 2019, dicendo che durante il suo mandato lotterà contro le ideologie che distruggono le famiglie e i valori, le stesse ideologie che vengono inculcate ai bambini. Insomma, la solita storia ripetuta da anni del “complotto gender contro le famiglie”. Chi glielo dice a Bolsonaro che il concetto di genitorialità oggi è sempre più liquido e che quindi non esiste solo la famiglia del Mulino Bianco?
Un saluto a Bolsonaro e agli instancabili difensori della cultura della famiglia, che si scagliano contro chi minaccia di distruggerla, sventolando la bandiera della cultura maschilista e patriarcale. Non sarà facile cercare di arginare un cambiamento ineluttabile, sarà impossibile costringerci a vivere sotto una campana di vetro.
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