In foto, Chiedi al libraio il racconto del caprone, di Salvatore D’Ascenzio, edito da Eretica Edizioni
Proposta di lettura: Chiedi al libraio il racconto del caprone, di Salvatore D’Ascenzo. Il titolo, appena aperta la mail, mi aveva lasciata interdetta: «Che razza di titolo strano», ho pensato. Ancora si sente la mano di Eretica Edizioni e si vede, questa volta, la mano di un illustratore, Francesco Maria Leonzi.
Non mi perderò in contorte chiacchiere, promesso. Salvatore è educatore cinofilo, ha un rapporto con la natura a metà strada fra il menefreghismo e il nazi-vegano: non spala merda su nessuno, ma magari prima di firmare una petizione per un nuovo centro benessere in mezzo alle campagne agricole ci pensa due volte. La storia del caprone nasce così, pensando a quanti caproni eroi ci sono nella letteratura. Noi caproni siamo pochi, quei pochi che si ricordano sono quelli incaricati di fare la controfigura del male assoluto. Questa volta il caprone si impunta e vuole essere un eroe.
L’evoluzione de Le avventure di bosco piccolo
La narrazione ricorda quella delle favole di campagna, con i giusti ritmi lenti, le giuste riflessioni, come a rispettare un orologio biologico di un’altra realtà, quella che conosciamo solo grazie ai servizi su qualche programma. È una favola, sì. Ma non una favola adatta ai bambini dai sei anni in su. Questo è quello che è stato detto di Chiedi al libraio il racconto del caprone e non basta, in alcun modo.
Salvatore racconta la realtà delle nostre terre, quelle di campi agricoli dove sorgono piccole fattorie. Dove basta un caprone abbandonato a guidare il branco.
Da bambina guardavo spesso Le avventure di bosco piccolo. Non capivo perché la gente cacciasse via gli animali; capivo invece il senso di aggregazione, un fare branco anche fra specie diverse pur di giungere verso l’obiettivo comune.
Chiedi al libraio la storia del caprone è forse quel viaggio verso il Parco del Daino bianco in versione moderna e ben lontana dalle immagini del 1993. Non c’è un bosco, non c’è una volpe al comando. Salvatore racconta la realtà delle nostre terre, quelle di campi agricoli dove sorgono piccole fattorie. Dove basta un caprone abbandonato a guidare il branco.
Chiedi al libraio il racconto del caprone: un bestiario contemporaneo
Una delle illustrazioni di Francesco Maria Leonzi per Chiedi al libraio il racconto del caprone, di Salvatore D’Ascenzio, edito da Eretica Edizioni
Nella fattoria di Socrate arriva un caprone con la fedeltà di un cane. L’ultimo arrivato nella fattoria, quello guardato con sospetto e curiosità. La paura del nuovo e del diverso è palese eppure, come natura vuole, la curiosità spinge tutti gli animali verso quel caprone al quale il gallo Altisonante darà il nome: Menoante.
Giorno per giorno c’è la preoccupazione del fattore per il destino dei propri animali e, dall’altra parte, c’è quello degli animali che pensano al vecchio Socrate. Ciò che bussa costantemente alla porta è un’offerta: una cifra considerevole per abbandonare la terra e la fattoria. Serve spazio. Bisogna costruire un grande parcheggio. Perché il parcheggio è vita, anche nelle campagne.
Menoante incarna la figura del caprone mal riuscito rispetto i canoni dell’iconografia. Bonario, a tratti credulone, vive pensando al suo obiettivo senza pestare i piedi a nessuno. Vive la sua esistenza sapendo di essere diverso, senza riconoscere in cosa. Un giorno osserva il suo riflesso in una pozza e vede finalmente chi è. Acquisita la consapevolezza necessaria a trovare il suo posto nel mondo, alza lo sguardo, fiero: non si ridesta Narciso, ma Eroe.
La favola serve ai genitori
Una delle pagine di Chiedi al libraio il racconto del caprone, di Salvatore D’Ascenzio, edito da Eretica Edizioni
Tralasciando la trama, le metafore nascoste tra parole che giocano, voglio concentrarmi altrove. Si dice che i bambini sono il riflesso degli adulti e dunque questa è certamente una favola da leggere agli adulti. E poi, compresa davvero la storia, la si può raccontare ai bambini. Il primo passo sono sempre gli adulti a doverlo fare.
Leggere due pagine prima di far dormire il bimbo non assicura un contributo alle nuove generazioni. Bisognerebbe mostrare non solo le illustrazioni, ma far toccare loro con mano l’odore di erba bagnata che scompare improvvisamente dopo la colata di cemento. Bisognerebbe portare questi ragazzi in libreria, fargli aprire la porta che tocca il campanellino che suona. Chiedere al libraio: ce l’ha il racconto del caprone?
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