Nove sigarette è il disco d’esordio di LUK, progetto solista di Enzo Colursi, cantautore napoletano classe ’91. È un ascoltatore dei cantautori italiani sin da piccolissimo: Tenco, Guccini, De André, Battisti, Dalla e così via.
Nella sua dichiarazione di intenti spiccano senz’altro l’uso di un linguaggio diretto, la descrizione di immaginari urbani e realistici, i suoni distorti e una voce disperata. In questo disco c’è una sperimentazione che non va solo nella direzione dei suoni elettronici ma anche verso la ricercatezza delle parole che contraddistinguono i testi.
Nasce così Nove sigarette, un racconto fatto di sigarette non necessarie, fumate velocemente e con sofferenza, consumate per rabbia, nervosismo, ansia, dolore, noia, rancore o malinconia. Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con l’artista.
Iniziamo l’intervista dicendo a tutti che fumare troppo fa male? Scherzi a parte, le nove sigarette, in senso metaforico, rappresentano una pausa dal caos di tutti i giorni. Quando e perché hai deciso di chiamare così il tuo album d’esordio?
«Iniziamo l’intervista dicendo a tutti che fumare fa molto male, lo so e sto provando a smettere da anni. Noi tabagisti amiamo quelle sigarette nevrotiche, non necessarie, nervose, dolorose. Ed è esattamente così che sono queste nove canzoni: nove storie che sono nate con il bruciore in gola e che hanno fatto male. Ecco il motivo di questo titolo».
Febbraio è il mese del tuo compleanno ma è anche una traccia contenuta nel disco. Di cosa parla?
«Febbraio è il mese in cui sono nato e in cui è stato pubblicato questo disco, non potevo esimermi dal dedicargli una canzone! Febbraio racconta e descrive un contesto caotico e degradato, un senso di angoscia e di grigiore».
E invece qual è il mese che proprio non ti piace?
«Detesto luglio, non sopporto il caldo!».
Ho sempre amato scrivere raccontando e descrivendo immagini che facessero ‘vedere’ una canzone.
ACAB è stato il primo singolo estratto: una storia raccontata senza filtri, che arriva dritta nello stomaco. Parlaci del momento in cui hai scritto le parole.
«ACAB è uno di quei brani scritti di getto, cosa che spesso mi succede. Le parole sono venute fuori in maniera molto naturale e fluida. Volevo raccontare la sensazione di una storia d’amore diventata abitudinaria, il senso di incomunicabilità accompagnato da una voglia di rivalsa che ci porta poi a lottare per salvare qualcosa che si ama».
Solitamente come nasce una canzone di LUK?
«Una canzone di LUK nasce da una qualsiasi sensazione estrema e nasce al pianoforte, in maniera molto diretta e veloce. Ho sempre amato scrivere raccontando e descrivendo immagini che facessero “vedere” una canzone».
Quali sono le tue influenze musicali?
«Ho cominciato ad ascoltare i cantautori italiani da adolescente. Sono cresciuto ascoltando Guccini, De Andrè, De Gregori e i primissimi cantautori genovesi. Da buon napoletano, ho amato e consumato la discografia di Pino Daniele fino ad arrivare poi a Lucio Dalla, l’artista che più mi ha influenzato nelle mie scelte artistiche».
Ora lasciamoci con una promessa: smetterai di fumare, vero? Scherzo. Mi piacerebbe però che tu lanciassi un messaggio positivo in questi tempi difficili. Cosa ci salverà dalla psicopatia di questi giorni secondo te?
«Ci salverà scrivere canzoni, inventarci modi alternativi per promuovere la nostra musica. Bisogna assolutamente reagire a tutto questo e molto presto ritorneremo a fare ciò che amiamo: suonare in giro i nostri brani!».
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